Il risotto alla romagnola, un piatto ricco di storia e tradizione, è un delizioso esempio di come la cucina possa raccontare storie e collegare persone.
Questa particolare ricetta è intrecciata alla vita di Giovanni Pascoli, un intellettuale noto non solo per il suo profondo amore per le lettere, ma anche per la sua passione per la gastronomia. Pascoli, con la sua grazia poetica, ci regala una visione del cibo che va oltre il semplice nutrimento, trasformandolo in un’attività di condivisione, scoperta e, ovviamente, piacere.
È interessante notare come Giovanni Pascoli, pur avendo trascorso gran parte della sua vita lontano dalla sua terra natale, non abbia mai perso il legame con le sue origini romagnole. Costretto a trasferirsi in luoghi diversi a causa delle sue docenze – prima in giro per la Penisola e poi stabilendosi in Toscana – il poeta ha sempre portato con sé il sapore della cucina della Romagna. Un aneddoto significativo si verifica quando il suo amico Augusto Guido Bianchi, un cronista del Corriere della Sera, gli dedica una poesia per celebrare il famoso risotto alla milanese. Pascoli, con un senso dell’umorismo invidiabile, risponde pubblicando una ricetta del suo risotto romagnolo, quello che gli preparava la sorella Mariù.
In un verso della sua risposta, Pascoli esprime il piacere che prova all’odore di quel risotto che sta cuocendo: “Che buon odor veniva dal camino! / Io già sentiva un poco di ristoro, / dopo il mio greco, dopo il mio latino!”. Queste parole raccontano non solo un piatto, ma anche un momento di vita. Il risotto, dunque, diventa un legame di affetto e di memorie, qualcosa che riporta alla mente istanti di convivialità e calore familiare.
Risotto «romagnolesco», la ricetta su La Cucina Italiana nel 1936
Nel 1936, un paio di decenni dopo la morte di Pascoli, la sua ricetta apparve su La Cucina Italiana, un riconoscimento importante. A quel tempo, ciascuna regione era molto legata alle sue tradizioni culinarie e la pubblicazione di una ricetta come questa rappresentava un passo significativo verso la valorizzazione delle diverse culture gastronomiche italiane. A confronto con il classico risotto alla milanese, la variante romagnola si distingue per l’aggiunta di ingredienti che rendono il piatto ancora più ricco.
La ricetta di Pascoli si basa su burro, cipolla e zafferano, ma la vera novità sta nell’aggiunta di buzzi, ovvero fegatini di pollo. Inoltre, il riso viene cotto direttamente nel sugo, dando vita a un sapore unico e autentico. I versi che accompagnano la descrizione della ricetta sono evocativi e carichi di significato: “Già suona mezzogiorno: ecco il risotto romagnolesco che mi fa Mariù”. Queste parole non solo celebrano la cucina, ma anche il modo in cui il cibo porta le persone a condividere momenti di vita, approfondendo i legami e sperimentando nuove culture attraverso la tavola.
Pascoli cuoco?
Malgrado il ritratto del Pascoli poeta sia quello di un intellettuale dedito alla scrittura e alla ricerca, c’è anche un’altra faccia di lui che sorprende e diverte. Non era solo un amante della poesia, ma anche un appassionato cuoco. Un racconto affascinante riguarda il grecista Manara Valgimigli, che, racconta di aver sorpreso Pascoli in cucina, alle prese con il matterello, intenti a preparare la pasta per delle deliziose tagliatelle. Indossava un grembiule di sfoglina romagnola, mentre un grande sorriso illuminava il suo volto.
Questa immagine di Pascoli ai fornelli rompe i confini tra poesia e cucina, rivelando come anche le personalità più elevate possano trovare gioia in atti quotidiani e semplici. Preparare un piatto, come il risotto o le tagliatelle, diventa un gesto d’amore e convivialità, un modo per avvicinarsi alle persone e alla propria storia personale. In questo modo, Pascoli non è solo il grande poeta che tutti conosciamo, ma anche un cuoco appassionato che con gusto e affetto, fa vivere le tradizioni culinarie della sua amata Romagna.