Un piatto che incarna la tradizione gastronomica dell’Appennino modenese è senz’altro il borlengo.
Questa specialità, spesso poco conosciuta al di fuori della sua terra d’origine, è una sorta di crespella dal sapore unico, preparata con pochi ingredienti semplici ma dal risultato sorprendentemente delizioso. La ricetta essenziale comprende farina, acqua e, opzionale, anche un pizzico di sale. Talvolta viene arricchita con uova, per un risultato più ricco. In questo articolo, scopriremo le origini, le modalità di preparazione e le varianti che rendono il borlengo un piatto da non perdere.
Le origini del borlengo affondano le radici nel lontano 1226, un periodo turbolento per la storia del castello di Guiglia. Secondo la tradizione, l’evento che ha dato vita a questa delizia risale a un assedio, quando i modenesi circondarono il castello. I viveri per gli abitanti del castello cominciarono a scarseggiare e la farina si ridusse drasticamente. Così, l’impasto utilizzato per preparare il pane diventò sempre più acquoso e sottile. Da questa situazione di necessità nacque la famosissima crespella chiamata borlengo.
La leggenda narra che gli assediati, trovandosi in difficoltà, siano stati costretti a sperimentare in cucina, inventando così un piatto squisito dalle origini umili. Oggi il borlengo è considerato non solo un simbolo della cucina modenese, ma anche un esempio perfetto di come la creatività culinaria spesso scaturisca da situazioni di difficoltà. L’arte di preparare i borlenghi si è tramandata di generazione in generazione, conservando, nel corso dei secoli, il sapore e la tradizione di un piatto che oggi rappresenta l’identità gastronomica dell’Appennino.
Il borlengo è indubbiamente una specialità che richiede attenzione e passione nella preparazione. Il disciplinare depositato presso la Camera di Commercio di Modena dal 2003 enuncia con precisione le regole per la preparazione di questo piatto tradizionale. La cottura, ad esempio, deve necessariamente avvenire in una padella di rame stagnato, che conferisce un gusto particolare. Ma non è solo la tecnica di cottura a fare la differenza. La piegatura del borlengo è essenziale, e deve avvenire in modo tale da ottenere quattro strati distinti, creando così una consistenza perfetta.
La “concia”, o “cunza”, è il condimento fondamentale del borlengo. Si tratta di un pestato ottenuto da lardo, aglio e rosmarino, il che riesce ad esaltare il sapore della crespella. Ognuno in Emilia ha poi il suo modo personale di prepararlo, un segno della ricca tradizione gastronomica locale. Inoltre, il borlengo non è solo un piatto salato. Esistono infatti varanti dolci, con un ripieno delizioso a base di crema di cacao e nocciole, che lo rendono perfetto anche come dessert. Questa versatilità dimostra come il borlengo possa soddisfare vari palati, diventando così un protagonista in diversi momenti e occasioni.
Il borlengo è un piatto di grande versatilità e le varianti che si possono trovare in Emilia sono davvero affascinanti. Sebbene la ricetta tradizionale rimanga invariata, ogni famiglia ha i propri segreti e le proprie preferenze. Alcuni preferiscono abbinarlo a salumi locali, come prosciutto e salame, rendendolo un antipasto sfizioso e saporito. Altri, al contrario, amano gustarlo in versione dolce, attirando così l’attenzione dei più golosi. Questo piatto si sta facendo strada anche al di fuori delle cucine emiliane, guadagnando popolarità nei ristoranti e nelle sagre dedicate alla cucina locale.
Ormai, è possibile trovare eventi gastronomici che celebrano il borlengo, attirati da una curiosità sempre crescente attorno a questo piatto tradizionale. Con il passare del tempo, ecco che il borlengo sta diventando un simbolo della cultura culinaria emiliana, riconosciuto e apprezzato anche da chi non è del posto. Di certo, ci sarà sempre qualcuno che saprà quale sia il miglior abbinamento per esaltare il sapore di questa crespella unica nel suo genere. Preparato con amore e dedizione, il borlengo è un esempio di come la tradizione gastronomica possa continuare a sorprendere, rendendolo un piatto imperdibile per chi visita l’Appennino modenese.