La storia di Claudio Zanoni, musicista e vignaiolo, si intreccia con l’amore per il vino e la solidarietà.
Questo affascinante racconto parla non solo di un alcolico frizzante, ma di un progetto sociale che porta insieme musica e vino, riunendo persone e passioni. Allora, scopriamo cosa si nasconde dietro il rosato frizzante “Avamata“.
Claudio Zanoni è conosciuto principalmente come musicista. Ha fatto parte dei Ridillo, un gruppo di successo nel panorama soul-funk italiano, ma oltre alla musica, ci sono meno noti però altre sfere della sua vita. Spesso si è esibito nei vari eventi della sponda del lago di Garda, dove è riuscito a lasciare la sua impronta. Ma ciò che sorprende è scoprire che ha un’altra grande passione: il vino. Non un semplice appassionato, ma un vignaiolo. Si è immerso in questo mondo in modo del tutto inaspettato per molti. Claudio decide di dedicarsi alla produzione di vino, ed è proprio questa l’origine della sua avventura vinicola.
A Gonzaga, nel Mantovano, Claudio collabora con un gruppo di amici e giovani disabili di una cooperativa sociale. Questo aspetto sociale è fondamentale poiché il lavoro della vendemmia non è solo operativo, ma segna anche un passo verso l’inclusione. La raccolta delle uve diventa un momento collettivo di condivisione, dove ognuno contribuisce con il proprio impegno e creatività. Ma non solo, l’intero processo di realizzazione del vino diviene un’esperienza significativa, dando vita a un prodotto che rappresenta una comunità. È un esempio toccante di come il vino può unire le persone e darle un senso di scopo.
La produzione del vino “Avamata”
La prima produzione vinicola di questo gruppo è un rosato frizzante, realizzato interamente con uve di sorbara, una varietà tradizionale del territorio. Questo vino ha una caratteristica particolarita: la rifermentazione “sui lieviti” in bottiglia. Non si tratta solo di un’aggiunta tecnico – questo processo conferisce al vino quel frizzante e vivace carattere che lo rende unico. La vendemmia è stata eseguita interamente a mano, con i ragazzi della cooperativa che hanno avuto l’opportunità di partecipare attivamente. Hanno anche curato la creazione dell’etichetta, un aspetto che rende il vino ancora più speciale, poiché porta con sé una storia e dei volti noti a chi lo degusterà.
Quando si assaggia questo vino, è possibile notare molteplici sfumature profumate: fragoline di bosco e ribes danzano nel bicchiere, creando un bouquet fresco e invitante. Anche il sapore rispecchia la freschezza dell’uva, lasciando una pizzicante sensazione al palato. Perfetto per accompagnare piatti tipici della cucina padana, come tagliatelle al ragù o semplicemente deciso e buono da bere anche da solo. Un vino che racconta di un territorio e della sua gente. La produzione avanza, ma c’è ancora bisogno di pazienza, poiché i vini “sur lie” hanno bisogno di tempo per esprimersi pienamente. E alla fine della giornata, c’è sempre l’attesa di assaporare ulteriori creazioni da questa avventura.
Un progetto di inclusione e musica
L’etichetta del vino “Avamata” non è solo un nome, ma nasconde una storia ricca di significato. Questo termine significa “ape pazza”, utilizzato in modo colloquiale per descrivere qualcuno che non trova pace. La scelta del nome rappresenta perfettamente l’energia e l’entusiasmo del gruppo coinvolto nel progetto. L’associazione Borderland, con la quale lavorano, è quella che facilita la connessione tra musica e vino, offrendo ai ragazzi della cooperativa l’opportunità di esplorare una delle loro passioni più profonde. Infatti, questa collaborazione è frutto di impegno pluriennale, culminato in eventi di successo come il festival jazz “Nessuno escluso”.
Grazie a questo investimento sociale, il team di Claudio ha potuto allacciare anche rapporti con grandi nomi della musica, come Fresu e Bollani, che si sono uniti al progetto, dando risalto all’importanza di una comunità coesa. Qui non si parla solo di creare un prodotto ma di costruire legami, di scoprire talenti, e di mettere in evidenza storie di vita e resilienza. Ogni bottiglia di Avamata non è solamente vino, ma un simbolo di speranza e di unioni, un brindisi a tutti coloro che quotidianamente lavorano per inclusione e solidarietà.
È straordinario come in questo contesto si integri la musica con la viticoltura, dove ogni sorso di vino racconta una melodia. Questo è ciò che rende questo progetto davvero unico e degno di rispetto. La produzione continua nel tempo e ora i riflettori sono puntati su un futuro “metodo classico”, aspettando con entusiasmo cosa potrà riservare questo viaggio.